Il modello proposto si rifà principalmente alla cornice teorica concettuale rappresentata dalla NVR (Non Violent Resistance, Resistenza Non Violenta che s’ispira alle lotte di Gandhi e MLK), riformulata in ambito clinico dal professor Haim Omer, professore emerito presso la School of Psychological Sciences di Tel Aviv e autorità riconosciuta a livello internazionale nel campo della genitorialità.
La traslazione dell’approccio NVR all’ambito clinico si è dimostrata efficace nel supportare i genitori a gestire i comportamenti aggressivi e autodistruttivi dei giovani (Wienblatt & Omer, 2008), i comportamenti dei giovani adulti con problemi di dipendenza dalla famiglia d’origine (Lebowitz, Dolberger, Nortov & Omer, 2012), per supportare genitori con figli sofferenti di disturbi d’ansia e di Disturbo Ossessivo-Compulsivo (Lebowitz et al., 2013; Lebowitz et al., 2019) e di ADHD (Schorr-Sapie & Apter, 2019).
L’approccio NVR non prevede la partecipazione del bambino o ragazzo al trattamento, ma focalizza l’attenzione su una visione sistemica del problema, in quanto parte dal presupposto che i figli abbiano necessità di protezione e regolazione che i genitori tendono naturalmente ad assolvere.
Sviluppato originariamente come forma di trattamento per comportamenti aggressivi e violenti nei bambini e giovani, Non Violent Resistance (NVR) è un sistema multimodale e familiare per gravi problemi comportamentali nei giovani, per comportamenti dannosi e autodistruttivi, per autolesionismo, disturbi d’ansia e per la dipendenza dei giovani adulti dai loro genitori. La gamma di applicazioni di quest’approccio continua a crescere, in quanto applicabile a qualsiasi area problematica in cui è presente un comportamento dannoso o autodistruttivo.
Il modello NVR enfatizza le pratiche inclusive piuttosto che la disciplina autoritaria, promuovendo l’aumento della forza nei genitori e negli altri caregiver; questo per promuovere quella che è stata definita “funzione di ancoraggio dell’attaccamento”, un senso di sicurezza nel figlio che può crescere e svilupparsi dall’esperienza di una determinata resistenza al comportamento dannoso o autodistruttivo, una resistenza che non è né minacciosa, né incolpante o umiliante.